Il 10 dicembre è una data destinata a rimanere nella storia del gusto italiano.
A New Delhi, dall’altra parte del mondo, l’UNESCO ha inserito ufficialmente la cucina italiana nella lista dei Patrimoni culturali immateriali dell’umanità. Una decisione presa all’unanimità, che profuma di casa, di memoria, di mani che impastano e di tavole apparecchiate.
Mentre in Italia si sono susseguite dichiarazioni e commenti da ogni fronte, una voce—anzi due—arrivano dall’Emilia-Romagna con la forza di chi vive il cibo come identità e responsabilità: CheftoChef emiliaromagnacuochi.
L’associazione che riunisce i cuochi più autorevoli della regione, insieme ai migliori produttori e gourmet, affida la propria riflessione a Max Poggi (Presidente) e Massimo Bottura (Vice Presidente). Le loro parole non sono solo un commento al riconoscimento, ma un invito a guardare oltre.
Max Poggi
«Noi di CheftoChef emiliaromagnacuochi abbiamo come fondamenti principali la trasparenza e la volontà di migliorare…insieme. Abbiamo contribuito in modo determinante, con l’allora Presidente Massimo Spigaroli, a far sì che nel 2015 Parma diventasse “Città creativa Unesco per la gastronomia” su sollecitazione delle indicazioni dell’Unione Europea, stante la quasi totale assenza di una legislazione nazionale di sostegno e sviluppo della gastronomia. E riteniamo tuttora che essendo il termine “alimentazione” fra le materie di legislazione concorrente nel Titolo V della Costituzione Italiana, anche le Regioni potrebbero legiferare sulle tematiche gastronomiche. Per ora, visto che la cucina italiana è entrata nel patrimonio immateriale culturale dell’umanità riconosciuta dall’ UNESCO, ci “accontentiamo” di andare avanti semplicemente con un’ulteriore motivazione e certezza del nostro buon operato…almeno di quello dei nostri avi. Questa dimensione culturale ce la sentiamo ancora più nostra, per la parte almeno che l’Emilia-Romagna, crocevia fra nord e sud, fra areali mediterranei e mitteleuropei, ha e continua a praticare concentrando una cultura che è contaminazione anche fra oriente e occidente, fra mare e montagne, fra pianure e colline. Una modalità d’incontro che favorisce quell’assunto ricorrente e fondante nella poetica di Massimo Montanari (capofila scientifico di questa operazione Unesco) di definire un’identità come scambio di storie, di esperienze, di incontri appunto. Come lo stesso Montanari ha ben spiegato nella sua recentissima pubblicazione (“Tutti a tavola”, Laterza, 2025, in collaborazione con Pier Luigi Petrillo) questo riconoscimento Unesco (con i contributi importanti di CasArtusi, La Cucina Italiana e l’Accademia Italiana della Cucina) è incentrato sulle diversità culturali. In fondo è anche per questo che abbiano fondato quasi vent’anni fa CheftoChef».
Massimo Bottura
«La cucina italiana non è una semplice somma di piatti o ricette. È un insieme di gesti, parole, silenzi e profumi che abitano la memoria collettiva del Paese. È un rito quotidiano che si ripete e si rinnova, che ricompone famiglie, generazioni, territori. L’Italia si riconosce attorno a una tavola apparecchiata: è qui che ci scambiamo storie, condividiamo sogni, ricomponiamo un senso d’appartenenza. Cucinare, da noi, non è mai stato solo nutrirsi, ma prendersi cura: è un gesto d’amore e un atto di fiducia verso chi siede accanto. Riconoscere la cucina italiana come patrimonio dell’umanità significa riconoscere la sua capacità di creare legami, di costruire comunità, di restituire dignità attraverso la bellezza. È un invito a guardare il cibo come linguaggio culturale e come responsabilità etica. Ogni ingrediente salvato dallo spreco, ogni pasto condiviso con chi ha meno, ogni ricetta tramandata da una nonna a un nipote diventa parte di una più grande narrazione collettiva, il racconto di un Paese che sa ancora unire miseria e nobiltà, semplicità e raffinatezza, passato e futuro. L’Italia è un giardino di biodiversità, ma anche un laboratorio di umanità. Se osservato con occhi attenti, ogni piatto è una mappa del territorio, una dichiarazione d’identità, un atto di poesia civile. È il modo in cui un popolo racconta sé stesso al mondo, non coi monumenti o le parole, ma attraverso il sapore. E quando, intorno a una tavola, il gusto incontra la memoria e la bellezza si fa condivisione, allora sì, quella non è più solo cucina; è cultura, è vita, è l’Italia che ogni giorno si rinnova nel gesto più semplice e più rivoluzionario: cucinare per amore».





