All’Arena del Sole, la poesia di Toni Servillo scuote le coscienze intorpidite dall’aridità

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All’Arena del Sole, la poesia di Toni Servillo scuote le coscienze intorpidite dall’aridità

Nello spettacolo “Tre modi per non morire”, l’attore partenopeo riesce a catturare l’attenzione degli spettatori per un’ora e trenta. Il suo viaggio dentro i versi di Baudelaire, Dante e la filosofia greca essere è un antidoto alla paralisi del pensiero e alla moderna schiavitù tecnologica che immobilizza la ragione e le emozioni

Tre modi per non morire“, andato in scena all’Arena del Sole di Bologna, è un itinerario letteral-teatrale dentro i versi di Baudelaire, Dante e la filosofia greca, raccolti in un lungo monologo dalla penna di Giuseppe Montesano.

Lo spettacolo è diretto e interpretato da Toni Servillo ed è coprodotto da Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, con l’appoggio di Associazione Culturale Agenzia Teatri.

Tre modi per non morire: Toni Servillo contro la paralisi del pensiero

Un viaggio in cui il pubblico viene traghettato dentro le fibre poetiche dei grandi capisaldi della cultura. Un viaggio in tre tappe, un percorso che vuole essere un antidoto alla paralisi del pensiero, alla schiavitù tecnologica che immobilizza la ragione e le emozioni, un inno alla riappropriazione del pensiero speculativo contrapposto all’aridità contemporanea.

Nessun orpello. In scena solo la presenza dell’attore e la sua grande maestria. Il sipario è aperto, al centro solo il microfono e il leggio. A riempire il palco ci penserà Toni Servillo e la sua voce, magnetica, echeggiante nella densità delle parole eterne che diventano le sole e indiscusse protagoniste di tutto lo spettacolo e sono sufficienti a catturare per un’ora e trenta circa l’attenzione degli spettatori.

Un viaggio a ritroso nei meandri della cultura occidentale che inizia con Monsier Baudelaire, quando finirà la notte? Un inno alla bellezza come arma per vincere ingiustizia a depressione, perché come afferma il poeta francese: «Chiunque può vivere per tre giorni senza pane, ma nessuno può vivere anche un solo giorno senza poesia.» Un pensiero che racchiude l’essenza della vita, ciò di cui veramente lo spirito umano ha bisogno per non morire. Di Baudleaire viene risaltata la dimensione ribelle, alla politica e allo status quo, che anela al nuovo.

Foto © Ufficio stampa

Si prosegue con Le voci di Dante in cui prendono parola alcuni celebri personaggi della Commedia. Si parte dagli ignavi, «color che visser sanza infamia e sanza lode». Un atteggiamento molto contemporaneo, un monito a chi non prende decisione, a chi vive la vita senza prendere una posizione, senza difendere un’idea. Il viaggio dantesco prosegue negli inferi facendo riferimento alle figure emblematiche di Paolo e Francesca e Ulisse, un pagano, come fa notare Servillo, che si rende protagonista in un viaggio cristiano. Sebbene lo troviamo nell’Inferno, a Ulisse viene affidato l’insaziabile desiderio di conoscenza. Il viaggio di Dante non può che chiudersi con i versi finali del paradiso «e uscimmo a rivedere le stelle», perché dentro ogni abisso si può trovare uno spiraglio di luce e la poesia può essere un faro salvifico.

Il viaggio si conclude con “Il fuoco sapiente“, ultima tappa di questo intrecciato percorso culturale, pieno di rimandi e connessioni, nella quale si evidenzia l’amore dei Greci per la conoscenza, sia essa sotto forma di teatro, luogo sacro dove tutte le verità, anche le più crudeli venivano inscenate per rendere gli uomini liberi da ogni più oscuro desiderio e la filosofia, come racconta Platone con il suo mito della caverna, solo attraverso la conoscenza si può provare a immaginare un futuro diverso.

In questo tempo in cui le anime sembrano disidratate, in cui i pensieri e le intimità vengono consegnate ad apparecchi digitali che sembra quasi ci spoglino della nostra mente e della nostra autonomia. Questo viaggio all’interno della poesia vuole testimoniare come in epoche diverse la relazione con la poesia ha raggiunto il culmine ed è stata una forma della vita. Perché non dobbiamo dimenticare che ci sono diversi modi di morire e allora non ci resta altro da fare che cercare di (ri)diventare vivi.

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Avatar Amelia Di Pietro
Cresciuta in Abruzzo, mi sono trasferita a Bologna a 19 anni dove mi sono laureata prima in “Sociologia” e poi in “Giornalismo e Culture Editoriali”, iniziando a scrivere di cultura e teatro. La cucina è un'altra passione, soprattutto quella vegana.
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